Teatro

Susy Laude, dalla recitazione alla regia e alla produzione: "Serve una porta? Me la invento e la disegno"

Susy Laude
Susy Laude © Fabrizio Cestari

Seguiamo il viaggio di Susy Laude, attrice, emergente regista e recentemente produttrice: la storia di un'artista alla ricerca della sua indipendenza.

Incontriamo Susy Laude, attrice che ha costruito il suo percorso partendo dal mondo del Teatro delle Briciole di Parma ai tempi del suo massimo splendore, per poi frequentare l’Accademia Drammatica Silvio D’Amico di Roma e continuare in seguito una florida carriera.

Un’anima complessa e la mente sempre in fermento: si afferma recentemente come brillante regista cinematografica debuttando con il corto Madame e dando vita al film di successo Tutti per Uma, a fianco del suo compagno d’arte e di vita Dino Abbrescia

Quei piedi nudi sul palcoscenico dell’Argentina in un corto di Albertazzi stanno camminando lontano, concedendosi di tanto in tanto un sano ritorno alle assi del palcoscenico. La Laude si lancia così nell’avventura di fondare una casa di produzione, la Aygor Production. E da qui nasce il suo ultimo progetto teatrale, Vamos (INFO e DATE), di cui cura la regia scegliendo come interpreti Dino Abbrescia e Gianluca Gobbi.

Dino Abbrescia, Susy Laude e Gianluca Gobbi nella locandina dello spettacolo


Nasci come attrice: cosa ti ha portato a scegliere la regia e poi a fondare una casa di produzione?
Quando studiavo e lavoravo al Teatro delle Briciole facevamo noi l’allestimento dello spettacolo, le scenografie e i costumi. Mi è capitato di costruire un elefante in gommapiuma e addirittura di costruire una balconata per il pubblico. Questa manualità e questa idea di compagnia mi ha sempre spinto a partire dalla scena vuota per inventarmi quello che serve. Lavoro come un artigiano. Serve una porta? Io me la invento e la disegno.
Aygor Production, la casa di produzione, è nata perché ho capito di aver bisogno di autonomia nelle scelte dall’inizio alla fine di un progetto. Anche per quanto riguarda spese e paghe degli attori. Voglio poter rischiare, e ci metto la faccia.

Produttore, regista e attrice, come gestisci questi ruoli?
Non sono mai stata etichettata e non ho mai voluto essere etichettata. Non sono di Roma, quindi non sono del giro romano, non faccio parte del giro di Milano, non sono classificata come regista di film d’autore, perché ho fatto film d’autore e ho fatto commedie. Faccio ridere ma faccio anche ruoli drammatici. Non rientro in nessuna categoria. Mi sono detta - sai che c’è? Me lo costruisco io il mio mondo. Io sono sempre stata così: andavo a fare la spesa col tacco dodici e poi andavo alla soirée con la salopette. Il mondo non può più essere a compartimenti stagni e io mi muovo trasversalmente tra questi tre ruoli. 

Susy Laude (© Fabrizio Cestari)


Ci racconti del tuo rapporto con il fare teatro?
È incredibile se ripenso a tutte le cose che mi sono successe, perché sembrano tasselli che si incastrano. Parte tutto dal teatro e lì ritorna. La mia vita da artista è cambiata la prima volta quando sono passata dal Teatro delle Briciole alla Silvio D’Amico. È successo perché nel Duemila io lavoravo, avevo le tournée ma non mi rendevo conto delle mie capacità. Dopo l’Accademia per un bel po’ mi sono concentrata sulla recitazione, ho cominciato a lavorare sui set di cinema e televisione, ma ho continuato a fare la regista teatrale a spizzichi e bocconi, quando potevo. Poi è arrivato Dino, è arrivato Nico [il figlio] e il teatro l’ho messo un po' da parte anche perché mi aveva stufato. Non è che si può sempre amare tutto. Bisogna anche provare cose diverse, altrimenti il motore si esaurisce. E Vamos è nato perché questo motore si è riacceso.

Parliamo di “Vamos”. Cosa avete creato partendo da questo testo contemporaneo?
La prima volta che ho letto il testo scritto da Andrej Longo mi sono subito posta il problema di trovarne la leggerezza, che passa dalla comicità, dal riso, per arrivare alla profondità. È quello il gioco. È un testo vivo, quindi difficile da catalogare. Io poi da regista lavoro senza imporre nulla agli attori. Consegno loro i motivi di una scena e poi lascio fare. Voglio che l’attore sperimenti, che trovi quello che serve per com’è fatto lui. Così le scene si arricchiscono, prendono più luce di quella che avrei potuto dargli io imponendo le mie idee.

Susy Laude, Dino Abbrescia


La scelta degli interpreti. Un barese e un milanese. Perché? 
Il testo era scritto per due pugliesi, ma anche qui ho voluto sdoganare la consuetudine. Dino è la mia prima attrice, e quando gli ho detto che volevo Gianluca, lui mi guarda e fa: “ma è di Milano…”. Ma se può, incontriamolo. È bravo, il personaggio lo costruiamo insieme. Un testo scritto bene non ingabbia un personaggio in uno stereotipo. E infatti il gioco regge, insieme funzionano benissimo: Dino nell’immaginario di chi va a vederlo a teatro è un positivo, e anche Gianluca a pelle trasmette la stessa cosa. È bello vedere come con questo testo spiazzano il pubblico, mantenendo ciascuno la loro comicità specifica.

Cosa servirebbe al settore teatrale, oggi?
Non possiamo delegare il moto del teatro al pubblico. Non può essere che si muova solo il pubblico per andare a a teatro e non avvenga il contrario. Quando ho cominciato a lavorare, il teatro in Emilia era un movimento culturale, andavamo nelle scuole, parlavamo coi ragazzi. Aveva importanza quello che facevamo, ed è stato importante anche per me: in quinta liceo la mia professoressa di inglese mi porta a vedere Sei personaggi in cerca d’autore di Strehler al Piccolo. Da Salò. Io vivevo a Salò e non sapevo neanche cosa fosse il teatro. Sono rimasta folgorata. Avevo sedici anni e quell’evento lì mi ha cambiato la vita.

Susy Laude


Che figure mancano ai giovani che vogliono formarsi come attori?
Quando ero al terzo anno di Accademia, con la mia classe abbiamo conosciuto Giorgio Albertazzi che diventava allora direttore del Teatro Argentina e quell’anno io, ripresa mentre recitavo a piedi nudi sul palco, entravo nel film della sua autobiografia. Finita l’Accademia lui fa i provini per fondare la compagnia giovane del teatro che dirigeva. Ho fatto il provino e mi ha preso, così per un anno ho lavorato all’Argentina e mi è capitato di essere in scena con Albertazzi e Dario Fo. 
Un giovane attore ha bisogno di queste esperienze, e di adulti già mestieranti che siano per loro quello che questi maestri sono stati per me. Abbiamo una responsabilità verso i giovani, non possiamo pensare solo a noi stessi e alla nostra carriera.

Susy Laude (© Fabrizio Cestari)


Progetti futuri?
La mia testa va sempre. Ho un sacco di idee, poi ho la fortuna di lavorare con persone che mi vogliono bene, con cui sono sempre in rapporto. Il mio scenografo di Vamos è già alla ricerca di un luogo dove poter continuare a lavorare su questo testo.
Poi ci sono i social. Anche lì c’è una narrazione, ma inversa. La narrazione del quotidiano spettacolarizzata. È il popolo che si sta riprendendo quello che noi non gli abbiamo più dato. Avevo l’idea di fare una web-serie, ma è un progetto complesso, anche se non c’è niente da inventare. Basta guardarci indietro. Adesso alcuni influencer stanno cominciando a interessarsi a un dialogo con il nostro mondo di artigiani per poter continuare a produrre contributi e non lasciar morire la loro narrazione genuina. Si può aprire un dialogo tra questi mondi, dobbiamo smetterla di snobbarci a vicenda.

Come ti vedi in un futuro? Più attrice, regista o produttore?
Non chiuderò strade, andrò dove serve, teatro o macchina da presa che sia. È sempre stato così per me: una sliding door, una cosa ha sempre portato a un’altra.


INFO E DATE DELLO SPETTACOLO
Vamos